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Si comincia dalla testa

luglio 8, 2008

Qualsiasi pazzo dotato di intelligenza può rendere le cose più grandi, più complesse e più violente. Ci vuole un genio – e molto coraggio – per andare nella direzione opposta.

Albert Einstein

Rob Hopkins (il fondatore e ispiratore di Transition) dice giustamente che il processo di avvicinamento alla Transizione avviene in tre fasi successive: la prima è quella della testa (The Head).

Bisogna per prima cosa farsi un quadro razionale dello scenario in cui stiamo vivendo, collocando il problema del Picco del Petrolio e quello del Riscaldamento Globale nel contesto della nostra vita di ogni giorno. Quando si raggiunge la consapevolezza razionale della situazione le fasi successive diventano un percorso naturale.

Cominciamo a renderci conto di quanto conta il petrolio nella nostra vita. È facile, smettete di leggere per un attimo e guardatevi intorno provando a cercare un oggetto che non sia stato prodotto o trasportato utilizzando pertrolio. Una volta Rob fece questo esperimento in un’aula durante un corso di formazione e dopo lunghe ricerche la classe produsse queste risposte: “noi, l’aria nella stanza e l’acqua in quella caraffa”. Tutto il resto era stato scartato.

La nostra dipendenza dal petrolio è attualmente enorme. Praticamente ogni nostra attività è basata, in modo diretto o indiretto, sulla disponibilità di questa fonte di energia. La fine del petrolio a basso prezzo avrà quindi ripercussioni gigantesche sul nostro modo di vivere (quello che stiamo sperimentando adesso con il petrolio a 140 dollari al barile è solo un primo assaggio).

Le conseguenze saranno così grandi da risultare catastrofiche se non cominciamo immediatamente a progettare e, soprattutto, a realizzare concretamente un sistema sociale, produttivo ed economico che non sia più “petrolio dipendente”.

Ma quanto tempo abbiamo?

Fatih Briol, capo economista dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, ha coniato il motto “leave oil befor it leave us” (abbandoniamo il petrolio prima che sia lui ad abbandonare noi). La sua agenzia da almeno due anni lancia a tutti i governi del mondo un allarme perentorio: muovetevi subito.

Jeroen van der Veer, direttore esecutivo di Royal Dutch Shell, ha scritto in un messaggio diretto al proprio staff che “Shell estimates that after 2015 supplies of easy-to-access oil and gas will no longer keep up with demand” (Shell stima che dopo il 2015 le forniture di petrolio e gas facilmente estraibili non saranno più sufficienti a soddisfare la domanda del mercato).

Lo scorso marzo David Millband, segretario agli esteri della Gran Bretagna, ha dichiarato alla BBC “a post-oil economy is not an unrealistic prospect” (un’economia post petrolifera non è una prospettiva irrealistica) e che “Over a 20-year period, it is possible to imagine the car industry providing the investment and innovation required to move to a post-oil economy, if governments, preferably across a major market such as the EU, can provide a clear long term signal about the regulatory landscape.” (In un periodo di 20 anni è possibile immaginare che l’industria automobilistica provveda agli investimenti e alle innovazioni tecnologiche necessarie per passare ad un’economia post petrolifera, se i governi, soprattutto nei mercati principali come l’UE, produrranno un segnale chiaro e a lungo termine in merito alle regolamentazioni”.

Si potrebbe continuare con dati e citazioni, studi, segnali di mercato (magari ci torneremo), ce ne sono tanti, decisamente troppi per non prenderli in considerazione.

Una cosa è certa, il picco, se non è addirittura già avvenuto è davvero molto vicino. Bisogna cominciare a crederci e ad agire fin che c’è ancora tempo per farlo senza che il sistema subisca traumi troppo forti.

Ma il riscaldamento globale cosa c’entra con tutto questo?
Lo vediamo nel prossimo post.

Segue…